Dojo kun tradotto letteralmente significa le regole del luogo dove si segue la Via.
È il fondamento che nel buddhismo viene chiamato “la giusta azione”.
Lo studio del karate consta di cinque principi che determinano lo sviluppo fisico e spirituale del praticante. Il dojo kun avvia all’esercitazione della giusta condotta da tenersi e crea il nesso tra lo studio filosofico dell’arte marziale e lo studio pratico della tecnica: le conoscenze della Via (do) non devono restare dei princìpi vuoti ma piuttosto forgiare il comportamento, globalmente inteso, del praticante. Il dojo kun è perno di un’esercitazione spirituale incentrata sullo studio dell’arte marziale (Budo), in grado di produrre progressi in ogni campo dell’azione umana, la sua comprensione ha importanza quanto l’affinamento delle tecniche.
Il Dojo kun viene solitamente recitato alla fine della lezione, dopo una breve meditazione (mokuso). La procedura prevede che l’allievo di grado più alto reciti a voce ogni precetto che verrà a sua volta ripetuto da tutti gli allievi nella posizione del saluto. “I precetti sono sempre pronunciati con forza e mai sussurati con poca sincerità o credo. Così come i movimenti diventano automatici e i riflessi condizionati, le semplici verità di queste citazioni penetrano la mente dei partecipanti “. Queste parole sono tratte da “Zen: Karate as a Way to Gentleness” di G.W. Nicol; il titolo di questo testo illumina su dove porti il cammino di chi pratica questa meravigliosa Arte Marziale!
L’origine del dojo kun riporta agli albori dell’arte marziale, si dice che il primo dojo kun sia stato codificato dal monaco buddista Bodhidharma, nel monastero di Shaolin. Nel karate fu stabilito dal maestro Sakugawa di Okinawa e giunge sino a noi, fondamento dello stile tradizionale.
1) Il karate è via per migliorare il carattere (impegnati a raggiungere la perfezione del carattere).
Questa prima regola sottolinea l’importanza dell’equilibrio nell’uomo. L’esercizio marziale non coinvolge esclusivamente il corpo: il praticante deve osservare con spirito critico in tutte le situazioni quotidiane che ostacolano il perfezionamento di sé stesso e deve affrontare le asperità interiori con lo stesso vigore con cui intraprende l’esercizio fisico che gli consente di affrontare le difficoltà esterne, lo spirito vigile e analitico deve guidarlo in tutte le situazioni della vita: confusione, pregiudizio, presunzione, egoismo, sopravvalutazione di se stessi, ingiustizia, autocommiserazione e sentimenti incontrollati ostacolano il progresso sulla Via. Imparare a gestire la propria interiorità, al contrario, aiuta a raggiungere l’equilibrio e a vivere un’esperienza enormemente appagante. Se l’allenamento fisico, con l’avanzare degli anni, conosce necessariamente delle limitazioni, lo spirito, invece, deve e può essere perfezionato fino alla morte.
2) Il karate è via di sincerità (persegui la strada della sincerità).
Questa regola si esprime nella condotta di vita dell’uomo e nella disponibilità a riconoscere il giusto rapporto tra se stessi e ciò che si ha attorno, presupposto fondamentale per costruire giuste e rette relazioni con le altre persone. Un rapporto proficuo si instaura solo se l’individuo è capace di contemperare le proprie pretese personali con la dedizione e l’apertura verso gli altri. Se questo equilibrio viene messo a repentaglio da un comportamento egoistico o superficiale, la comunicazione è soffocata. Laddove si pretende più di quanto si dà o si avallano pretese superiori a quanto si è disposti a corrispondere o si promette molto e si mantiene poco, si suscita l’indignazione di quanti si trovano a dover compensare lo squilibrio insorto con un sacrificio superiore al giusto. L’equilibrio tra la pretesa e la disponibilità è il fondamento dello spirito del budo: solo nella verità l’uomo è libero, la pratica di questo principio rende consapevoli, umili e giusti.
3) Il karate è la via per rafforzare la costanza dello spirito (rafforza instancabilmente lo spirito).
Questa regola si riferisce alla realizzazione dell’uomo in relazione ai suoi obiettivi di vita, essa è intimamente connessa ai primi due principi in quanto qualsiasi obiettivo richiede un’analisi approfondita e matura. Il progresso, nel budo, può essere conseguito solo attraverso regolarità e costanza nell’esercizio. Le arti marziali possono essere apprese solo con l’autodisciplina, la costanza e la perseveranza, la disciplina è la base di ogni progresso. Se tale regola non viene rispettata dagli allievi, qualsiasi sforzo di miglioramento è vano. Si frequenta un dojo perché si ha uno scopo, ma bisogna assumere la giusta condotta, l’ambizione di nuovi obiettivi, in sé e per sé, non è una forza positiva, lo diventa solo se associata ad un comportamento maturo, al senso della misura e alla conoscenza.
4) Il karate è via di rispetto universale (osserva un comportamento impeccabile all’insegna del rispetto Universale).
Questa regola si riferisce alle norme comportamentali che vanno conservate se si vuol capire gli altri ed essere accettati. La giusta condotta rende l’individuo degno di fede, aperto e semplice, rende possibile la comunicazione con gli altri e contribuisce a mantenere l’armonia nelle relazioni interpersonali. L’etichetta consiste nella forma comportamentale attraverso la quale una persona comunica ad un’altra di essere disponibile ad un contatto aperto; senza le buone maniere la franchezza si tramuta in grossolanità, il coraggio in rifiuto, l’umiltà in sottomissione, il rispetto in servilismo e la cautela in timore: l’etichetta provvede a mantenere la pace e l’armonia tra le persone. Nelle arti marziali l’etichetta trova espressione nei principi enunciati da Funakoshi: “Senza cortesia viene meno il valore del karate e il karate inizia col saluto e finisce col saluto”. Definì cortesia e rispetto le basi di ogni educazione ed il saluto il loro simbolo più importante. A livello avanzato tutti conoscono l’importanza del saluto; i praticanti che lo oltraggiano con la propria negligenza si dimostrano immodesti, egoisti e incapaci di adattamento. Il modo in cui si effettua il saluto è specchio di sé, i modi sbagliati non sono sempre voluti, rappresentano solitamente una reazione naturale di protezione e timidezza, una maschera. Per questo nelle arti marziali l’etichetta non è solo forma, ma vera e propria via per la ricerca della verità interiore, poiché la pratica impone che la persona osservi e valuti correttamente il proprio comportamento nei confronti degli altri e di sé stesso.
5) Il karate è via per acquisire autocontrollo (acquisisci con coraggio il controllo sul tuo spirito istintivo).
Questo principio coinvolge la condotta che porta alla formazione di un carattere degno dell’essere umano e alla sua convivenza con gli altri. Nel mondo animale i modelli comportamentali sono istintivi e servono proprio alla conservazione della specie, l’uomo può forgiare tali modelli grazie al proprio intelletto e alla propria conoscenza, controllando la misura delle proprie azioni. L’elaborazione di questo concetto porta alla rinuncia della violenza fisica e allo stesso tempo definisce tutte le forme di ricorso alla violenza quali indegne dell’uomo. Nel karate si ricercano l’autocontrollo e la gestione del comportamento; se i praticanti di livello avanzato, capaci di arrecare ferite gravi, impiegassero le proprie capacità come strumenti di supremazia nei confronti delle altre persone, costituirebbero un pericolo per la società e sarebbero sostanzialmente indegni come individui. Quando Funakoshi dice: “Nel karate non c’è chi attacca per primo”, intende dire che l’uomo in quanto essere dotato di intelletto ha la capacità di trovare le vie della non violenza se affronta le situazioni controllando il proprio io. Il karate è un’arte di autoperfezionamento e, per raggiungere questo obiettivo, è necessario comprendere a fondo tale principio. La soluzione violenta dei problemi interpersonali è esecrabile e non consente una convivenza serena. L’esperienza secolare mostra che, per eccellere nelle arti marziali, il dojo kun deve accompagnare la preparazione dei praticanti, indipendentemente dal livello; essi devono sottoporre il loro comportamento a regolari raffronti con il dojo kun, che è un parametro di apprendimento nel corso dell’allenamento ma anche uno specchio dell’atteggiamento del singolo in relazione alla comunità. Il dojo kun riflette la proporzione tra giusto e sbagliato nel comportamento personale, instaura l’equilibrio tra dare e avere ed impone il giusto rapporto tra pretesa e disponibilità.
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DOJO KUN (DO = via, strada da percorrere – JO = luogo – KUN = regola, dovere)
ITOTSU “per primo”, “innanzitutto”, sottolinea l’importanza del seguito
JINKAKU il carattere dell’uomo (jin)
KANSEI perfezione, miglioramento
NI congiunzione
TSUTOMURU impegnarsi, tendere a…
KOTO rafforzativo imperativo del verbo
MAKOTO sincerit
NO congiunzione
MICHI stesso ideogramma di “DO”, significa la via da percorrere
O aggettivo accrescitivo
MAMURU seguire
KOTO rafforzativo imperativo del verbo
DORYOKU fatica, sforzo
NO congiunzione
SEISHIN anima, spirito, mente
YASHINAU allevare, innalzare
REIGI rispetto, buone maniere (da REI=rispetto e GI=abito)
OMONZURU onorare, esaltare
KEKKI spirito bestiale, sangue caldo
YU coraggio, temerariet
IMASHIMURU ammonire, controllare, reprimere, mettere in guardia
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